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GABBIANA

COLLANA DI POESIA CONTEMPORANEA
Secondo Novecento

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Un ringraziamento di cuore

all'amico e poeta CARMELO

ALIBERTI che ha sempre capito

e incoraggiato questo mio vagabondare

 

A Santina Domenico e Carmelo

vittime inconsapevoli di questa mia follia.

 

PREFAZIONE

Caratteristica più evidente della nuova raccolta di poesie di Tanino Materia, ci sembra la peculiare funzione della parola convocata con diverse inclinature ad esplorare dentro le radici della vita, alla ricerca di una identità perduta nella dissoluzione delle antiche certezze.

La discesa nelle labirintiche profondità dell'essere si risolve nell'individuazione di perenne conflitto interiore che inchioda il poeta ad un'agonizzante oscillazione dentro i percorsi di un bipolarismo polivalente, riconducibile ai molteplici binomi "realtà-sogno ", "verità­ finzione, “ ombra-luce” , "volere-essere", “tanatos-atanatos" "effimero-eterno ", connotativi delle sue proiezioni liriche (come pure di tanta poesia contemporanea) ma che in "Gabbiana" si caricano di singolari valenze edonistico-etiche, tese a risolvere il dilaniamento istintuale in invulnerabile assioma di razionalità e il fuoco della passione e del dolore in un terapeutico codice di verità e amore.

L'esigenza di una drammatica presa di coscienza del disagio esistenziale, rappresentato con ben articolate prospettive poetiche, si coniuga alla nitida percezione della crudeltà del tempo che associa liriche rappresentazioni dell'angoscia individuale agli scatti inquietanti delle incertezze ontologiche, proiettati sullo scenario della tragedia interiore con le sequenze sconvolgenti del resoconto doloroso che scandisce, attraverso la folgorante drammaticità di una dizione ora concentrata e scabra, ora flessuosa e travolgente, i nuclei tematici dell'operazione creativa.

Il teorema complessivo dei motivi poetici di Tanino Materia si sviluppa dentro le griglie della resistenza interiore verso la dilagante tragicità del vivere che non conosce stabili cesure dentro l'incomprensibile e l'ingiustificabile gomitolo della nausea e dell'irrazionale, del dolore e del vuoto, a cui il poeta contrappone l'universo del "verbo" violentato, ampliandone le rifrazioni terapeutiche, onde poter tradurre i discorsi non conclusi nelle più confortanti aree del dicibile, in una superiore comprensione degli errori degli uomini e con un recuperato sentimento della pietà uccisa.

La rappresentazione delle angosciose contraddizioni dell'essere, che ha relegato il poeta nel buio labirinto della solitudine fustigato dall'ipocrisia della società e dagli imprevedibili inganni della vita, prigioniero, oltre che dell'incomprensione dell'ambiente e dello smarrimento del proprio ruolo di aristocratica sacralità, anche degli inarrestabili processi di disgregazione della materia, dalla fuga del tempo che divora care immagini e indistruttibili emozioni, gli ideali più nobili e i sentimenti più puri, le più fideistiche ipotesi di mutazione e l'artificiosa sicurezza a vivere del poeta, che avverte, in maniera sempre più allarmante, il doloroso incombere del vuoto.

Nell'ostinato desiderio di "voler essere" di fronte alla prospettiva inarrestabile del precipizio, il poeta, assediato dalla totale indifferenza e ferito dai mille tradimenti che i suoi simili perpetrano allo stesso concetto di dignità dell'essere, disarmato, confessa di non poter rinunciare al simulacro ancestrale dell'innocenza che ha rappresentato la sua condanna, il pianto fluttuante sotto la maschera, con cui poter accettare la vita, con una "serenità bugiarda” .

 

Talvolta si illude di poter esorcizzare il proprio dramma di solitudine con l'evocazione della figura della donna amata a cui tenta di strappare, nel sortilegio dell'immaginazione, il calore ristoratore di una carezza, o dalle cui "ragioni umane", poter trarre argomenti convincenti per razionalizzare le ragioni del proprio esistere e salvare gli ultimi respiri dello spirito, da contrapporre alla disgregazione atomistica del proprio corpo e dare un senso alle profonde ferite del cuore avvilito dall'irrazionale cecità biologica. I contorni del vuoto si rivestono di chiarezza e di "ordine diverso", quando il poeta si abbandona a strappare al flusso del tempo, attimi fulgidi d'affetto, vissuti all'ombra del circuito domestico, sia con la moglie che con i figli.


Allora i “fili sottili” dell'amore dissolvono le impronte dell'angoscia e riescono a riannodare il cuore devastato dalla croce di vivere ad una risorta, anche se insolita, atmosfera di serenità e di pace, pur nel "buio fitto della stanza" terrestre.

 

La dimensione psicologica della separatezza, trasparente, tra l'altro, anche nell'adozione su postazioni di osservazione, dell'amorfità quotidiana del reale, affiora in maniera ancora evidente, in una sorta di invocazione consolatoria del poeta dei polivalenti aspetti della vita della natura, come nei seguenti versi: "Anfratti di roccia/ scavati dalle onde/ nel mare impetuoso.../ a voi rivolgo il mio canto/ mentre la bufera incalza''; o nell'estrinsecazione del desiderio, emergente in più punti, di vivere a contatto delle variegate voci poetiche e pure della natura, come si può osservare nella lirica che dà il titolo alla raccolta, dove il battito del cuore del poeta, avvolto nella carezze della mano femminile, sembra fondersi a quello della donna che gli sta accanto, ma soprattutto a quello del mare, del cielo, della luce e delle ali immobili della "Gabbiano" che si lascia cullare dalle lievi onde dell'aria in una specie di magica sospensione, che trascina e avviluppa in un soffice vortice di ideale astrattezza metafisica, l'anima del poeta, libero da ogni peso esistenziale, depurato da quel montaliano "male di vivere", oltre la morte, oltre il tempo, con una visione nuova di se stesso, galleggiante, come l'uccello marino, sul mare della recuperata "verginità" della vita.

Il fuoco della memoria, attraverso cui il poeta nelle pause di delirio esistenziale o di tenera follia, riaccende l'ebbrezza degli inganni della quiete adolescenziale e dell'amore con la sinergia sublimante delle sue dolcezze, l'accennata immersione fusione nelle poliformiche evidenze della natura, come sulle ali di una proiezione panico-dannunziana, l'an­ sia metafisica, affiorante soprattutto nei momenti in cui il poeta tende a porsi come giudice della vita e della storia, il rifugio negli affetti fa­ miliari e la fede nell'utopia della poesia che, riempiono il vuoto di fa­ vole, di figure e di inviolate voci di tenerezza e di pietà.

La parola si insedia nei luoghi della scrittura e i versi si tramutano in agguati, verso cui, con una carica di indicibile purezza, scorrono "i luoghi" dell'esistenza.

Carmelo Aliberti

... le poesie

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